Evitare l’irradiazione dopo un intervento di chirurgia mammaria aumenta l’incidenza di recidiva locale nelle donne di età pari o superiore a 65 anni con carcinoma mammario in fase iniziale a basso rischio e positivo per i recettori ormonali, ma non ha alcun effetto negativo sulla recidiva a distanza o sulla sopravvivenza globale, come mostrato da uno studio recentemente pubblicato su The New England Journal of Medicine.
Questo studio randomizzato di fase 3 ha arruolato 1326 donne con carcinoma mammario primario positivo ai recettori ormonali e con linfonodi negativi, trattate con una chirurgia mammaria conservativa con margini di escissione chiari e terapia endocrina adiuvante. Le pazienti sono state assegnate in modo casuale a ricevere l’irradiazione dell’intera mammella o nessuna radioterapia; dopo un follow-up mediano di 9,1 anni, l’incidenza cumulativa di recidiva del carcinoma mammario locale entro 10 anni è stata del 9,5% nel gruppo senza radioterapia e dello 0,9% nel gruppo della radioterapia. L’incidenza di recidiva locale fino a 10 anni tra le pazienti che hanno ricevuto la radioterapia è rimasta bassa, mentre quella tra coloro che non hanno ricevuto la radioterapia ha continuato ad aumentare, senza arrivare a un apparente plateau. «Tuttavia, la differenza assoluta nell’incidenza delle recidive locali a 10 anni è stata modesta, 8,6 punti percentuali», affermano gli autori. «Inoltre, nonostante questa differenza, l’irradiazione non ha avuto effetti sostanziali sull’incidenza di metastasi regionali o a distanza (pari all’1,6% nel gruppo senza radioterapia e al 3% nel gruppo radioterapia) o sulla sopravvivenza globale o specifica per carcinoma mammario a 10 anni, che è risultata quasi identica nei due gruppi (80,8% senza radioterapia e 80,7% con radioterapia). Questi dati forniscono una solida evidenza che indica che l’irradiazione può essere tranquillamente omessa nelle donne di 65 anni od oltre con tumori di grado 1 o 2, ER-positivi e trattati con terapia mammaria conservativa, a condizione che ricevano 5 anni di terapia endocrina adiuvante», concludono gli autori.
Evitare l’irradiazione dopo un intervento di chirurgia mammaria aumenta l’incidenza di recidiva locale nelle donne di età pari o superiore a 65 anni con carcinoma mammario in fase iniziale a basso rischio e positivo per i recettori ormonali, ma non ha alcun effetto negativo sulla recidiva a distanza o sulla sopravvivenza globale, come mostrato da uno studio recentemente pubblicato su The New England Journal of Medicine.
Questo studio randomizzato di fase 3 ha arruolato 1326 donne con carcinoma mammario primario positivo ai recettori ormonali e con linfonodi negativi, trattate con una chirurgia mammaria conservativa con margini di escissione chiari e terapia endocrina adiuvante. Le pazienti sono state assegnate in modo casuale a ricevere l’irradiazione dell’intera mammella o nessuna radioterapia; dopo un follow-up mediano di 9,1 anni, l’incidenza cumulativa di recidiva del carcinoma mammario locale entro 10 anni è stata del 9,5% nel gruppo senza radioterapia e dello 0,9% nel gruppo della radioterapia. L’incidenza di recidiva locale fino a 10 anni tra le pazienti che hanno ricevuto la radioterapia è rimasta bassa, mentre quella tra coloro che non hanno ricevuto la radioterapia ha continuato ad aumentare, senza arrivare a un apparente plateau. «Tuttavia, la differenza assoluta nell’incidenza delle recidive locali a 10 anni è stata modesta, 8,6 punti percentuali», affermano gli autori. «Inoltre, nonostante questa differenza, l’irradiazione non ha avuto effetti sostanziali sull’incidenza di metastasi regionali o a distanza (pari all’1,6% nel gruppo senza radioterapia e al 3% nel gruppo radioterapia) o sulla sopravvivenza globale o specifica per carcinoma mammario a 10 anni, che è risultata quasi identica nei due gruppi (80,8% senza radioterapia e 80,7% con radioterapia). Questi dati forniscono una solida evidenza che indica che l’irradiazione può essere tranquillamente omessa nelle donne di 65 anni od oltre con tumori di grado 1 o 2, ER-positivi e trattati con terapia mammaria conservativa, a condizione che ricevano 5 anni di terapia endocrina adiuvante», concludono gli autori.