Nuovi dati dello studio randomizzato APTneo di Fondazione Michelangelo, presentati di recente durante il San Antonio Breast Cancer Symposium, suggeriscono che l’aggiunta in terapia neoadiuvante di atezolizumab all’antraciclina e ciclofosfamide (AC) seguiti da trastuzumab e pertuzumab più chemioterapia (HPCT) aumenta la risposta patologica completa rispetto all’HPCT e atezolizumab senza AC in pazienti con carcinoma mammario HER2+ precoce e localmente avanzato, operabile ma ad alto rischio.
Lo studio APTneo è un trial multicentrico di fase III in aperto di Fondazione Michelangelo che ha l’obiettivo di testare il ruolo dell’aggiunta di atezolizumab a una terapia neoadiuvante a doppio targeting di HER2 con trastuzumab e pertuzumab associato alla chemioterapia; lo scopo è anche valutare l’uso di antracicline in questo contesto. 661 pazienti con carcinoma mammario HER2+ ad alto rischio, precoce e localmente avanzato, sono state randomizzate a ricevere HPCT in terapia neoadiuvante senza o con atezolizumab (braccio A e B, rispettivamente); le pazienti nel braccio B sono state randomizzate a ricevere antraciclina e ciclofosfamide (AC) con atezolizumab seguiti da HPCT con atezolizumab (braccio 1), o a ricevere soltanto HPCT e atezolizumab (braccio B2). Dopo l’intervento chirurgico le pazienti hanno continuato le terapie adiuvanti dirette contro HER2 con o senza atezolizumab per un anno. L’endpoint primario del trial APTneo è la sopravvivenza libera da eventi a 5 anni dalla randomizzazione dell’ultima paziente, ma un endpoint secondario molto importante è il tasso di risposta patologica completa (pCR, definita come assenza di cellule tumorali nella mammella e nei linfonodi) con e senza atezolizumab. I risultati non mostrano differenze significative nel pCR tra il braccio A e il braccio B e tra il braccio B1 e il braccio B2, mentre rispetto al braccio A, il braccio B1 con antracicline e atezolizumab ha registrato un tasso di pCR significativamente più alto del 9,9%, indipendentemente dallo stato dei recettori ormonali e di PD-L1. Atezolizumab inoltre non ha causato grossi problemi di tollerabilità. «I risultati potrebbero dipendere dall’effetto delle antracicline stesse o da un potenziamento farmacologico fra antracicline e modulazione immunitaria», spiegano gli autori. Le pazienti continueranno a essere seguite per le successive analisi sulla sopravvivenza libera da eventi e sulla sopravvivenza globale.
Nuovi dati dello studio randomizzato APTneo di Fondazione Michelangelo, presentati di recente durante il San Antonio Breast Cancer Symposium, suggeriscono che l’aggiunta in terapia neoadiuvante di atezolizumab all’antraciclina e ciclofosfamide (AC) seguiti da trastuzumab e pertuzumab più chemioterapia (HPCT) aumenta la risposta patologica completa rispetto all’HPCT e atezolizumab senza AC in pazienti con carcinoma mammario HER2+ precoce e localmente avanzato, operabile ma ad alto rischio.
Lo studio APTneo è un trial multicentrico di fase III in aperto di Fondazione Michelangelo che ha l’obiettivo di testare il ruolo dell’aggiunta di atezolizumab a una terapia neoadiuvante a doppio targeting di HER2 con trastuzumab e pertuzumab associato alla chemioterapia; lo scopo è anche valutare l’uso di antracicline in questo contesto. 661 pazienti con carcinoma mammario HER2+ ad alto rischio, precoce e localmente avanzato, sono state randomizzate a ricevere HPCT in terapia neoadiuvante senza o con atezolizumab (braccio A e B, rispettivamente); le pazienti nel braccio B sono state randomizzate a ricevere antraciclina e ciclofosfamide (AC) con atezolizumab seguiti da HPCT con atezolizumab (braccio 1), o a ricevere soltanto HPCT e atezolizumab (braccio B2). Dopo l’intervento chirurgico le pazienti hanno continuato le terapie adiuvanti dirette contro HER2 con o senza atezolizumab per un anno. L’endpoint primario del trial APTneo è la sopravvivenza libera da eventi a 5 anni dalla randomizzazione dell’ultima paziente, ma un endpoint secondario molto importante è il tasso di risposta patologica completa (pCR, definita come assenza di cellule tumorali nella mammella e nei linfonodi) con e senza atezolizumab. I risultati non mostrano differenze significative nel pCR tra il braccio A e il braccio B e tra il braccio B1 e il braccio B2, mentre rispetto al braccio A, il braccio B1 con antracicline e atezolizumab ha registrato un tasso di pCR significativamente più alto del 9,9%, indipendentemente dallo stato dei recettori ormonali e di PD-L1. Atezolizumab inoltre non ha causato grossi problemi di tollerabilità. «I risultati potrebbero dipendere dall’effetto delle antracicline stesse o da un potenziamento farmacologico fra antracicline e modulazione immunitaria», spiegano gli autori. Le pazienti continueranno a essere seguite per le successive analisi sulla sopravvivenza libera da eventi e sulla sopravvivenza globale.