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La de-escalation della chemioterapia nel tumore mammario precoce HER2+

Una strategia decisionale basata sulla PET e adattata alla risposta patologica completa porta a un’eccellente sopravvivenza libera da malattia invasiva a 3 anni, con un terzo delle pazienti che possono evitare la chemioterapia

I risultati dello studio randomizzato di fase 2 PHERGain, recentemente pubblicato su The Lancet, mostrano la fattibilità, la sicurezza e l’efficacia di una strategia di de-escalation della chemioterapia basata su 18fluoro-fluorodeossiglucosio-PET e adattata alla risposta patologica completa (pCR) in pazienti con carcinoma mammario HER2+ in fase iniziale.

PHERGain è uno studio randomizzato, in aperto, di fase 2 che si è svolto in 45 ospedali di sette Paesi europei e ha coinvolto 356 pazienti con carcinoma mammario invasivo, operabile, HER2+ di stadio I-IIIA con almeno una lesione rilevabile tramite PET. Le partecipanti sono state assegnate in modo casuale in un rapporto 1:4 al gruppo A (71 pazienti), che riceveva docetaxel, carboplatino, trastuzumab e pertuzumab (TCHP), o al gruppo B (285 pazienti), che riceveva trastuzumab e pertuzumab con o senza terapia endocrina, ogni 3 settimane. È stata eseguita una PET al basale e dopo 2 cicli di trattamento: le pazienti del gruppo B che risultavano rispondenti alla PET hanno continuato con trastuzumab e pertuzumab con o senza terapia endocrina per sei cicli, mentre le non-responder sono passate a ricevere sei cicli di TCHP. Dopo l’intervento chirurgico, le pazienti del gruppo B che hanno risposto alla PET e che non hanno raggiunto una pCR hanno ricevuto sei cicli di TCHP. A un follow-up mediano di 43,3 mesi, il tasso di sopravvivenza libera da malattia invasiva a 3 anni del gruppo B è stato del 94,8%, con eventi avversi correlati al trattamento ed eventi avversi gravi che sono risultati più numerosi nelle pazienti del gruppo A rispetto a quelle del gruppo B. «Molteplici studi clinici hanno confermato che la pCR dopo chemioterapia neoadiuvante è un endpoint surrogato affidabile per prevedere gli esiti a lungo termine nelle pazienti con carcinoma mammario in fase iniziale», scrivono gli autori. «Diversi studi hanno anche dimostrato un’attività antitumorale incoraggiante in termini di pCR in pazienti HER2+ trattate solo con il doppio blocco di HER2. Inoltre, si ritiene che una valutazione metabolica precoce utilizzando 18F-FDG-PET potrebbe aiutare a definire quali pazienti con tumori HER2+ abbiano una maggiore probabilità di raggiungere una pCR con regimi senza chemioterapia. PHERGain è il primo studio che valuta una strategia individualizzata basata su 18F-FDG-PET e adattata alla pCR che consenta alle pazienti sensibili al trattamento neoadiuvante a base di soli trastuzumab e pertuzumab di evitare completamente la chemioterapia», proseguono gli autori. «Questo studio dimostra che la sopravvivenza libera da malattia invasiva a 3 anni dalla chirurgia è stata eccellente con questo approccio innovativo di de-escalation, nonostante l’omissione della chemioterapia in circa un terzo delle pazienti. A 3 anni sono stati osservati risultati notevoli anche nel sottogruppo di pazienti che hanno ottenuto una pCR con trastuzumab e pertuzumab e che pertanto non hanno mai ricevuto chemioterapia: questo approccio di de-escalation consente una significativa riduzione della tossicità per questa specifica popolazione di pazienti».

La de-escalation della chemioterapia nel tumore mammario precoce HER2+

Una strategia decisionale basata sulla PET e adattata alla risposta patologica completa porta a un’eccellente sopravvivenza libera da malattia invasiva a 3 anni, con un terzo delle pazienti che possono evitare la chemioterapia

I risultati dello studio randomizzato di fase 2 PHERGain, recentemente pubblicato su The Lancet, mostrano la fattibilità, la sicurezza e l’efficacia di una strategia di de-escalation della chemioterapia basata su 18fluoro-fluorodeossiglucosio-PET e adattata alla risposta patologica completa (pCR) in pazienti con carcinoma mammario HER2+ in fase iniziale.

PHERGain è uno studio randomizzato, in aperto, di fase 2 che si è svolto in 45 ospedali di sette Paesi europei e ha coinvolto 356 pazienti con carcinoma mammario invasivo, operabile, HER2+ di stadio I-IIIA con almeno una lesione rilevabile tramite PET. Le partecipanti sono state assegnate in modo casuale in un rapporto 1:4 al gruppo A (71 pazienti), che riceveva docetaxel, carboplatino, trastuzumab e pertuzumab (TCHP), o al gruppo B (285 pazienti), che riceveva trastuzumab e pertuzumab con o senza terapia endocrina, ogni 3 settimane. È stata eseguita una PET al basale e dopo 2 cicli di trattamento: le pazienti del gruppo B che risultavano rispondenti alla PET hanno continuato con trastuzumab e pertuzumab con o senza terapia endocrina per sei cicli, mentre le non-responder sono passate a ricevere sei cicli di TCHP. Dopo l’intervento chirurgico, le pazienti del gruppo B che hanno risposto alla PET e che non hanno raggiunto una pCR hanno ricevuto sei cicli di TCHP. A un follow-up mediano di 43,3 mesi, il tasso di sopravvivenza libera da malattia invasiva a 3 anni del gruppo B è stato del 94,8%, con eventi avversi correlati al trattamento ed eventi avversi gravi che sono risultati più numerosi nelle pazienti del gruppo A rispetto a quelle del gruppo B. «Molteplici studi clinici hanno confermato che la pCR dopo chemioterapia neoadiuvante è un endpoint surrogato affidabile per prevedere gli esiti a lungo termine nelle pazienti con carcinoma mammario in fase iniziale», scrivono gli autori. «Diversi studi hanno anche dimostrato un’attività antitumorale incoraggiante in termini di pCR in pazienti HER2+ trattate solo con il doppio blocco di HER2. Inoltre, si ritiene che una valutazione metabolica precoce utilizzando 18F-FDG-PET potrebbe aiutare a definire quali pazienti con tumori HER2+ abbiano una maggiore probabilità di raggiungere una pCR con regimi senza chemioterapia. PHERGain è il primo studio che valuta una strategia individualizzata basata su 18F-FDG-PET e adattata alla pCR che consenta alle pazienti sensibili al trattamento neoadiuvante a base di soli trastuzumab e pertuzumab di evitare completamente la chemioterapia», proseguono gli autori. «Questo studio dimostra che la sopravvivenza libera da malattia invasiva a 3 anni dalla chirurgia è stata eccellente con questo approccio innovativo di de-escalation, nonostante l’omissione della chemioterapia in circa un terzo delle pazienti. A 3 anni sono stati osservati risultati notevoli anche nel sottogruppo di pazienti che hanno ottenuto una pCR con trastuzumab e pertuzumab e che pertanto non hanno mai ricevuto chemioterapia: questo approccio di de-escalation consente una significativa riduzione della tossicità per questa specifica popolazione di pazienti».